Storia del biscotto in Italia, da alimento povero a primizia della borghesia, evoluzione degli ingredienti e dei metodi di cottura
Forse non tutti sanno che il termine Biscotto deriva dal latino biscoctum che significa esattamente "cotto due volte".
In origine il biscotto era semplicemente una piccola fetta di pane ripassata in forno per renderla friabile e maggiormente conservabile nel tempo; poi verso il 300 divenne un impasto di acqua e farina che al termine di una prima cottura veniva rimesso in forno per eliminare qualsiasi traccia di umidità.
Questa sua prima forma era di consistenza davvero durissima e poteva essere consumato esclusivamente dopo essere stato imbevuto in acqua, brodo o latte; ma nonostante questo era molto apprezzato come sostentamento per soldati e marinai a causa della sua lunga conservazione.
Per completare la fase di perfezionamento della preparazione dell'impasto base è ritenuta fondamentale l'adozione della tecnica della separazione del tuorlo d'uovo e dell'albume che rese possibile la preparazione di una pasta molto più morbida e il consegunete moltiplicarsi delle forme dei biscotti.
A questo punto inevitabilmente aumentarono anche gli ingredienti utilizzati, creando di fatto una differenziazione territoriale dei prodotti, in Italia ad esempio si preferivano le mandorle al Sud e le nocciole al Nord.
Il successo dei biscotti ebbe dei contorni trionfalistici soprattutto tra la borghesia dove divenne un elemento di accompagnamento fondamentale del rito del te o della degustazione di bevande oltre ad un immancabile dolcetto da salotto.
Oggi il biscotto è un dolcetto di piccole dimensioni realizzato con farina, acqua, zucchero, grassi e l'eventuale aggiunta di uova e aromi: la produzione industriale e il benessere lo hanno reso un alimento di enorme consumo e un un settore in cui l'Italia ha una ricchissima tradizione derivata dall'arte dolciaria e dalle numerose culture che hanno esercitato nel corso degli anni un certo influsso sul nostro Paese.